28 giugno 2013 - “Gli unici soldi per l’agricoltura veneta sono quelli del Programma dello Sviluppo Rurale (PSR) per questo motivo non possiamo permetterci di sbagliare giocandoci il futuro del settore che da solo fattura oltre 5 miliardi di euro”. Con questo piglio Giorgio Piazza, presidente di Coldiretti Veneto, ha illustrato ai dirigenti le proposte dell’organizzazione per il nuovo piano regionale 2014-2020.
All’assise sono intervenuti i professori Vasco Boatto dell’Università di Padova e Andrea Povellato dell’Inea (Istituto nazionale economia agraria) esperti in materia nonché consulenti della Regione Veneto per la riscrittura strategica del PSR.
“Con ben diciotto obiettivi calati dall’alto il rischio di perdersi nell’inutilità delle misure è alto – ha spiegato Piazza – basti pensare che Bruxelles ha deciso per il Veneto - come per tutta l’Europa - interventi che spaziano dal risparmio energetico in un settore che non è energivoro fino alla limitazione del protossido di azoto negli allevamenti. Se, invece, si concentrano le risorse su uno sviluppo sostenibile mirato si può ottenere, con poco, molto in termini di sicurezza alimentare, ambientale e di salvaguardia del territorio”.
“Stiamo parlando di qualità della vita per l’intera collettività – ha sottolineato Piazza - che vale, secondo l’Unione Europea, 80 milioni l’anno. Infatti il taglio dei fondi comunitari stimato da Coldiretti è pari al 50% e se non si procede con coraggio individuando da subito le priorità ci si può perdere nelle varie direttive, con dispendio non solo di finanziamenti ma anche di energie amministrative a favore, magari di un pugno di beneficiari, non incidendo cosi sulle reali esigenze delle 120 mila aziende agricole che possono sfruttare queste opportunità per rigenerarsi e innovarsi”.
“La Regione Veneto ha una grossa responsabilità nella stesura del testo programmatico – ha detto Piazza – e non può non tener conto delle nostre proposte. Vogliamo giocare d’anticipo per non rincorrere o, peggio ancora, ritoccare decisioni distanti dalla realtà a scapito della competitività delle imprese. Priorità, dunque, al ricambio generazionale affinchè il ritorno alla campagna, già praticato da 2 mila giovani in tre anni, sia triplicato nei prossimi sette, massimo impegno finanziario per la ristrutturazione delle aziende orientate al mercato, incentivi alle aggregazioni di imprese agroalimentari con regimi di qualità e incoraggiamento all’accorciamento della filiera produttore-consumatore, efficiente gestione della risorsa idrica e del suolo quali beni comuni, fondamentali per la comunità, che la politica non può ignorare”.