29 maggio 2014 - Non si contano più sulle dita di una mano gli anni passati da quando la Direttiva Europea sui nitrati ha imposto regole e divieti agli allevatori del nord d’Italia definendo a tavolino le aree cosiddette vulnerabili delle regioni dell’ Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte e Friuli Venezia Giulia ovvero dove si concentra il modello di allevamento intensivo a livello nazionale. Ebbene a distanza di venti anni, dopo solleciti e proposte di Coldiretti che non poteva più assecondare l’applicazione di un regolamento calato dall’alto con la presunzione che le stalle del bacino del Po’ erano la causa principale dell’inquinamento da azoto nella Pianura Padana, arriva la conferma che il pregiudizio era infondato. Infatti l'impatto di azoto prodotto dagli allevamenti interessa non più del 10% della superficie regionale.
Lo rivela ufficialmente uno studio dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) commentando con certezza che il coinvolgimento della fonte zootecnica nelle problematiche ambientali è del tutto trascurabile o minimo mentre - sottolinea la Coldiretti - assume un diverso peso il contributo di altre sorgenti civili. In questo periodo gli imprenditori, rivendicando pari rigore e disciplina anche per depuratori urbani, hanno reagito sostenendo sforzi economici notevoli per una gestione oculata dello smaltimento dei liquami dotandosi della terra necessaria per rispettare il limite di 170 kg di nitrati per ettari in aree vulnerabili con un accumulo burocratico fatto di comunicazioni, piani di fertilizzazione, per tracciare ogni chilo di deiezione prodotta dai capi quasi fosse dell’uranio radioattivo. La Regione Veneto, dal canto suo, ha ben supportato il comparto al fine di superare l’empasse causata dal provvedimento comunitario – riconosce Coldiretti - i tempi sono maturi per l’avvio di una nuova stagione di rilancio che deve vedere l’amministrazione regionale veneta presente ai tavoli ministeriali schierandosi a fianco degli agricoltori per risolvere il problema della delimitazione delle zone geografiche, rimuovendo le ingiuste accuse e introducendo già a partire dal decreto di revisione degli effluenti alcune semplificazioni, con particolare riguardo ai periodi temporali di spandimento oltre che di valorizzazione del digestato proveniente dal trattamento degli stessi reflui zootecnici.